Le origini del nome Prosecco

Da dove arriva il Prosecco?

Quanti di noi si sono chiesti almeno una volta nella vita da dove derivi la parola Prosecco?

Magari mentre lo si ordina al bar o al ristorante o prima di regalarlo ad una persona cara oppure viaggiando e trovandolo nei listini di tutto il mondo. Solitamente il nome di un prodotto deriva dalla storia e dalle origini territoriali dalle quali prende vita e le nostre amate bollicine non fanno eccezione.

La Storia

Nei primi del Cinquecento a Trieste, per dare maggiore visibilità al principale prodotto locale, la Ribolla, si dichiarò che questa fosse la naturale erede di un celebre vino dell’antichità, il Pucino, celebrato da Plinio nella sua Naturalis Historia e prediletto per le sue doti medicinali da Livia, moglie dell’Imperatore Augusto, la quale amava bere il Puxinum “Pucino” (che l’imperatrice considerava il segreto della sua vecchiaia). Come riportato da Villafranchi nel saggio Enologia Toscana del 1773, il Puxinum “Pucino” era detto “Prosecco” e le sue uve si raccoglievano “nel pendio del monte di Contuel in faccia al Mare Adriatico, poche migliaia distante da Trieste”.

La Bottiglia

La necessità di distinguere la ribolla triestina dagli altri vini dallo stesso nome, prodotti nel Goriziano e a costi inferiori in Istria, porterà poi a fine secolo ad un cambio di denominazione e soprattutto ad una precisa caratterizzazione geografica, suggerita dall’identificazione del luogo di produzione dell’antichità,il castellum nobile vino Pucinum con il Castello di Prosecco, nei pressi della località di Prosecco.

Il termine Prosecco è conosciuto già dal 1754 (si trova nel libro Il Roccolo Ditirambo di Aureliano Acanti), e dal XVIII secolo è noto oltre i confini italiani.

La prima citazione conosciuta del cambio di denominazione è dovuta al gentiluomo inglese Fynes Moryson, che visitando il nord Italia nel 1593 annotò:

«L’Histria è divisa tra il Forum Julii, e l’Histria propriamente detta (…). Qui cresce il vino Pucinum, ora chiamato Prosecho, assai celebrato da Plinio»

Il Nome

Nel corso dei secoli la produzione del Prosecco venne completamente abbandonata dai viticoltori del Carso triestino e del Collio friulano, sviluppandosi invece lungo le colline venete, in particolare nella provincia di Treviso (zone di Conegliano ed Asolo). Lo straordinario successo ottenuto dal Prosecco a partire dal secondo dopoguerra ha creato una serie di tentativi di imitazione: vini denominati “Prosecco” sono stati prodotti in Sudamerica (“Prosecco Garibaldi” in Brasile), in Croazia (“Prošek”), in Australia (“Prosecco Vintage”) eccetera. Diventando quindi urgente una regolamentazione legislativa che arginasse il fenomeno ed essendo vietato dalle norme internazionali proteggere il nome di un vitigno (era invalso infatti l’uso di chiamare “Prosecco” il vitigno produttore del vino), si rese necessario ricollegare la produzione veneta col nome della località originaria del Prosecco, e cioè la località omonima presso Trieste, nel contempo ripristinando gli antichi nomi – “Glera” e “Glera lungo” – dei vitigni.
Si decise quindi di creare un’area di produzione contigua molto più vasta della precedente, contenente anche alcune province nelle quali il Prosecco non era mai stato prodotto o prodotto in quantità limitatissime (Venezia, Padova, Belluno) o dove la produzione era praticamente cessata da secoli (Trieste, Gorizia, Udine).

L’iter venne concluso il 17 luglio 2009, con la promulgazione del decreto di riconoscimento della:

  • “Prosecco DOC”, Denominazione di Origine Controllata

e delle due DOCG:

  • “Conegliano Valdobbiadene – Prosecco DOCG”, Denominazione di Origine Controllata Garantita
  • “Colli Asolani – Prosecco DOCG” (o “Asolo – Prosecco”), Denominazione di Origine Controllata Garantita

La riorganizzazione di tutta la produzione ha avuto luogo a partire dalla vendemmia iniziata il 1º agosto 2009.

Alcuni dati di Vendita e considerazioni sul futuro

Il Prosecco viene prodotto nelle province del Veneto, esclusa Rovigo e Verona (circa 80% del totale), e in tutte le province del Friuli-Venezia Giulia (circa 20% del totale). All’interno di questo territorio ci sono anche due DOCG per la produzione del Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e del Colli Asolani-Prosecco.

Negli anni s’è imposto fra le varie tipologie di prosecco il CARTIZZE, prodotto in una ristretta area di 106 ettari in una zona omonima, compresa all’interno di una frazione del comune di Valdobbiadene, e come si può capire, molto rinomato vista la poca quantità prodotta annualmente.

Il Prosecco ha conosciuto un vero e proprio boom a partire dagli anni ’90 del XX secolo, con un’impennata nella seconda metà degli anni 2000. Alla produzione sono dedicate oltre 8000 cantine vitivinicole e 269 case spumantistiche, che immettono sul mercato oltre 330 milioni di bottiglie all’anno – in buona parte esportate – per un giro d’affari complessivo superiore ai 3 miliardi di euro.

Nel 2013 le vendite nel mondo hanno superato per la prima volta quelle dello champagne. Trattandosi però di due prodotti molto diversi (accomunati dal solo essere ambo spumanti) per caratteristiche sensoriali, metodologia produttiva, uvaggio e prezzi di vendita, lo Champagne nello stesso anno ha registrato un giro d’affari ben superiore (4,3 miliardi di euro).

Il lieve incremento registrato dal Consorzio di tutela spinge la Denominazione a base glera sopra quota 500 milioni di bottiglie prodotte.


Giunge dalle colline del Prosecco la notizia che la più grande Denominazione d’Origine italiana ha superato nel corso del 2020 quota mezzo miliardo di bottiglie, dimostrandosi capace di superare i tanti ostacoli disseminati dalla pandemia nei mercati mondiali. Questo storico risultato, già da tempo messo nel mirino dal Consorzio, è stato possibile grazie alla crescita del 2,8% rispetto ai volumi certificati nel 2019 che, in valori assoluti, vuol dire un incremento di poco inferiore ai 14 milioni di bottiglie.

Si tratta di un traguardo storico per il Prosecco Doc – commenta il presidente del Consorzio, Stefano Zanette – che però non costituisce di certo un punto d’arrivo. Sono molte, infatti, le sfide che ancora ci attendono, a cominciare da quella che riguarda la segmentazione dell’offerta con una maggior caratterizzazione delle produzioni anche dal punto di vista organolettico sensoriale, senza dimenticare le azioni, già avviate da tempo, tese a migliorare il percepito della denominazione, con riguardo, in particolare, alla sostenibilità ambientale e sociale dell’intero territorio della Doc Prosecco”.

Questo risultato – continua Zanette – ci ha fatto riflettere anche sulle motivazioni che, anche in un’annata difficile come questa, hanno determinato il favore del consumatore nei confronti delle nostre produzioni. In primis abbiamo notato, numeri alla mano, come non sia dipeso esclusivamente dall’introduzione della tipologia rosé che, entrando in scena nel momento più opportuno, ha fatto registrare una produzione, in linea con le previsioni, di 16,8 milioni di bottiglie, bensì, in larga parte, dalla consapevolezza del consumatore nello scegliere Prosecco Doc. Nella speranza che a breve la ristorazione possa riprendere la propria attività – aggiunge Zanette – vorremmo che anche i pubblici esercizi si impegnassero nel comunicare correttamente l’agroalimentare di qualità e il Prosecco in particolare, così come noi, in diverse occasioni e in modi diversi abbiamo testimoniato la nostra vicinanza a questo settore fondamentale dell’economia del nostro paese.”

Il presidente ribadisce inoltre l’impegno del suo Consorzio a proseguire lungo il percorso della sostenibilità intrapreso “Con riguardo alla fiducia dei consumatori e al rispetto verso le comunità che vivono nei nostri territori di produzione, il Consorzio del Prosecco DOC, ha intrapreso percorsi virtuosi che si spera consentano a questa regione di divenire, nel breve periodo, un punto di riferimento a livello internazionale per una vitivinicoltura sostenibile, dove la sostenibilità non sia uno slogan ma un impegno tangibile lungo tutte le fasi della filiera produttiva”.

Considerati i dati incoraggianti raccolti da Nomisma – Wine Monitor, circa la percezione del Prosecco Doc – conclude Zanette – il valore medio delle vendite di Prosecco Doc a scaffale è in linea con le aspettative del consumatore italiano ed internazionale, infatti, la quota di prodotto venduta a prezzi “entry level” rappresenta una frazione marginale (attorno al 4%). Dobbiamo tuttavia proseguire in un processo di miglioramento continuo della qualità delle nostre produzioni, innalzando il livello medio, e tendere a garantire una “durabilità” alla denominazione che consenta ai produttori e alle comunità locali di sentirsi sempre più parte del successo del Prosecco Doc”.